04/03/11

CITTADINE DEL MONDO. FESTA DELLE DONNE MIGRANTI E NATIVE

SABATO 12 MARZO 2011

Casa delle memoria e della Storia, Sala Multimediale, Via S.Francesco di Sales n.5, dalle 16,30 alle 19,00

Introduzione e coordinamento: Fiorella Leone, Circolo Gianni Bosio

Ore 16.30 Coro multietnico "Se...sta voce" dei bambini della scuola Iqbal Masih, diretto da Susanna Serpe e Attilio Di Sanza

Ore 17,00 Incontro con Hevi Dilara, giovane kurda rifugiata politica: canto kurdo di pace con i bambini del coro

Ore 18,00 Presentazione del progetto "Pro Child a cura dell'Ass. Spirit Romanesc (il progetto si propone di formare educatori/mediatori in grado di sostenere e tutelare i diritti dei bambini romeni)

Ore 18,30 Proiezione dei video “L’aquilone“ e “Er trenino de Via Casilina” realizzati per documentare le esperienze didattiche interculturali nella scuola Iqbal Masih



DOMENICA 13 MARZO 2011

Giardino della Casa Internazionale delle Donne, Via S. Francesco di Sales n.1b, dalle 11,00 alle 20,00

Festa di conclusione corso di formazione RISCOSSA e Inaugurazione Scuola di lingua italiana per donne migranti

Ore 11,00 Intervento introduttivo di Rosa Mendes, Coordinamento Donne contro il razzismo

Ore 11,30 Coro della Casa Internazionale delle Donne diretto da Patrizia Nasini

Ore 12 Proiezione di MEI [MEIG], Voci migranti, di Federico Greco, 2010

Laboratori e vendita prodotti:

Insieme Zajedno, Donne Rom

Laboratorio Marea, Ass. Donne Brasiliane

Banco delle produttrici agricole e prodotti artigianali

Ore 15,00 Coro Romolo Balzani diretto da Sara Modigliani

Ore 15,30 Presentazione e vendita di libri:

Schengenland, a c.Isabella Peretti,

La Bella, la Bestia e l’Umano, di Annamaria Rivera ,

Voci di donne migranti, AA.VV, con letture di alcuni brani - Collana sessismo e razzismo, Ediesse

Radici, AA.VV , ed ELSE - Asinitas, 2010

La donna dell'angelo, di Leila Daianis, Liliana Gimenez, ed. Croce ,2010

Nessuna volta, in nessun tempo, in nessun caso, Stop MGF, a c. Martha Elvira Patiño, No.Di, S.

Camillo Forlanini , 2010

Storie di Ponte e di Frontiere, a c. Oria Gargano, ed. Be Free, 2010

Dalle ore 17,30 Proiezioni:

IL SANGUE VERDE di Andrea Segre (ZaLab - 2010)

UNA SCUOLA ITALIANA, di Angelo Loy e Giulio Cederna , 2010

SOGNI DI DONNA, Video realizzato dall'Associazione NODI (I Nostri Diritti) , 2007

Per il pranzo: Cous Cous, Feijoada e altri piatti preparati da chi lo desidera



Si ringrazia: Assessorato alle Politiche sociali della Provincia di Roma, Assessorato alla Cultura della Provincia di Roma , Casa della Memoria e della Storia , Imed, Archivio di Pieve S.Stefano , Ediesse, ed ELSE- Asinitas, ed. BeFree, Caritas - Dossier Immigrazione, ZaLab.

25/02/11

APPELLO URGENTE

Il Coordinamento Donne Contro il Razzismo aderisce a:

FERMIAMO IL MASSACRO IN LIBIA
Pane, lavoro, democrazia, accoglienza
IL MEDITERRANEO DEI GELSOMINI


C’è una Italia che si riconosce nella lezione di coraggio e dignità che arriva dal mondo arabo.

Il profumo dei gelsomini arriva anche nel nostro paese, anche nelle barche piene di giovani con la loro domanda di futuro.

Il messaggio che porta con sé ci dice che non è obbligatorio subire il furto di futuro, il sequestro della democrazia, né la fame di pane, lavoro e libertà.
Ci conferma che è possibile riprendere in mano il proprio destino, e scrivere insieme una nuova storia per il proprio paese e per il mondo intero.

Dimostra che il vento del cambiamento si può alzare anche dove sembra più difficile.
Oggi
soffia da una regione rapinata dai colonialismi vecchi e nuovi, oppressa da dirigenti corrotti e venduti, violentata da guerre e terrorismi, troppo spesso contesa, divisa, umiliata.

Alzare la testa si può, anche quando costa immensamente caro, come il prezzo che il popolo libico sta pagando in queste ore per aver sfidato il dittatore.

Siamo tutti coinvolti da ciò che accade aldilà del mare. Le speranze e i timori, i successi e le tragedie delle sollevazioni arabe disegnano anche il nostro futuro.
Viviamo conficcati in mezzo al Mediterraneo ed è da qui che è sempre venuta gran parte della nostra storia.

Non possiamo restare in silenzio, mentre il Governo italiano tace, preoccupato solo di impedire l’arrivo di migranti sulle nostre coste, e ancora difende il colonnello Gheddafi.

Uniamo le nostre voci per chiedere la fine della repressione in Libia e in tutti gli altri paesi coinvolti dalla rivolta dei gelsomini, dallo Yemen al Bahrein fino alla lontana Cina.
Per sostenere i processi democratici in Tunisia e in Egitto e lo smantellamento dei vecchi regimi.
Per rafforzare le società civili democratiche che escono da anni di clandestinità e di esilio.
Per politiche di vero dialogo tra culture e per promuovere i “diritti culturali” delle popolazioni coinvolte.
Per la revisione degli accordi ineguali e ingiusti imposti dalle nostre economie ai vecchi regimi.
Per la fine delle occupazioni e delle guerre in tutta la regione.
Per chiudere la stagione dei respingimenti e di esternalizzazione delle frontiere, la stagione della guerra ai migranti.

Chiediamo che ai migranti della sponda sud sia, in questo frangente eccezionale, concesso immediatamente lo status di protezione temporanea.
Non possiamo tollerare che la reazione italiana ed europea alle rivoluzioni democratiche del mondo arabo sia la costruzione di un muro di navi militari in mezzo al mare.

Ai morti nelle piazze stanno aggiungendo in questi giorni ancora tanti, troppi, morti in mare. È arrivato il momento di dire basta!

Chiediamo a tutti e tutte di firmare questo appello, di farlo girare, di farsi sentire.

FIRMA, FAI FIRMARE, ADERISCI, PARTECIPA
Primo appuntamento a Roma: presidio davanti a Montecitorio giovedì 24 febbraio ore 16.00

per adesioni: gelsomini2011@gmail.com


Primi firmatari: Andrea Camilleri, Luigi Ciotti, Margherita Hack, Dacia Maraini, Moni Ovadia, Igiaba Scego


05/10/10

Aderiamo e diffondiamo l'appello!

BASTA SANGUE NEL NOME DELLA TRADIZIONE E DELLA RELIGIONE.
LIBERTA' PER LE DONNE MIGRANTI!

Siamo di nuovo di fronte alla morte di una donna, e al grave ferimento di un’altra per mano di un familiare.
Siamo di nuovo di fronte al femminicidio e alla violenza in nome e per conto del senso di possesso maschile delle vite femminili.
Siamo di nuovo di fronte al criminale intreccio tra ossequio della tradizione patriarcale e negazione dei diritti inalienabili della persona: come nel terribile caso di Hina Salem e di Sanaa Dafani, anche qui la parte maschile di una famiglia di migranti pakistani ha cercato di mettere a tacere la ribellione di una giovane contro una visione fondamentalista della religione e della tradizione, che vuole ogni donna destinata a vivere senza poter decidere di sé e della sua libertà.
Vicino a Modena un migrante pakistano, di fronte all'ennesimo rifiuto della figlia destinata ad un matrimonio combinato si è accanito, uccidendola, prima sulla moglie, che con coraggio appoggiava la figlia ventenne, e poi con l’aiuto del figlio ha cercato di sopprimere la ragazza, che per fortuna, pur gravemente ferita, non è morta sotto le percosse.
Ancora una volta la disobbedienza alle leggi maschili è stata pagata con il sangue e con la vita.
In questa vicenda però c’è un fatto importante: una madre ha cercato di sostenere le ragioni di libertà di sua figlia. Pensiamo sia da questo fatto che possiamo trarre un grande segnale.
Moltissime donne migranti guardano alle libertà femminili, conquistate con lotte durissime, con speranza e come ad una grande opportunità: le giovani, ma non solo, sperano e sognano di poter studiare, lavorare, non sottostare alle violenze patriarcali e religiose, di scegliere liberamente se e quando diventare mogli e madri. Per molte di loro vivere in Italia sotto una pesante tradizione significa perdere quei diritti che in alcuni dei loro Paesi di origine sono ormai legge.
Se l’Italia è davvero un Paese libero deve dare opportunità soprattutto a queste speranze, che sono quelle delle nuove e future cittadine italiane.
A chi oggi prenderà spunto da questo drammatico episodio per rilanciare la crociata contro la migrazione, colpendo indiscriminatamente tutta la comunità migrante, diciamo che questa non è la strada giusta, che è razzismo. Vogliamo vivere in un Paese accogliente, capace di aiutare chi è più vulnerabile e dove la cittadinanza sia un diritto per chiunque, a prescindere dalla provenienza geografica.
A chi invocherà la doppia morale sostenendo che la tradizione va sempre rispettata, che le culture diverse vanno tutte seguite senza alcuna critica (e che per questo non è legittimo intervenire in faccende ‘private’ quando ci sono conflitti che riguardano le scelte delle donne nelle famiglie) diciamo che né la tradizione né la religione possono diventare un’arma mortale contro chicchessia.
I diritti delle donne non sono ancora considerati diritti umani in molti Paesi del mondo.
Troppo spesso, quando si tratta di diritti delle donne, e in particolare di corpo, di sessualità, di relazioni tra donne e uomini, la difesa dei diritti cede il passo ai moltissimi se e agli infiniti ma del relativismo culturale, persino nel nome della democrazia e della tolleranza.
Accogliere, incoraggiare, difendere il rifiuto da parte delle donne migranti dell’oppressione (della quale sono vittime nel nome della tradizione e della religione) non solo le aiuterà a trovare la loro libertà, ma offre a noi italiane, che abbiamo costruito o avuto in eredità i preziosi diritti di autodeterminazione, la possibilità di riaffermarli ed estenderli come gesto politico di responsabilità e di civiltà.
La violenza contro le donne è barbarie. La libertà delle donne è civiltà.

Tiziana Dal Pra – Associazione Trama di Terre (Imola)
Monica Lanfranco – Rivista Marea
Dounia Ettaib – Associazione Daris

per adesioni scrivere a: info@tramaditerre.org

Prime adesioni: Daniele Barbieri, Laura Cima, Donne in Nero di Como, Eva Ramirez, Silvia Torneri, Marina Grazia, Silvia Varas, Anna Viola Toller

28/09/10

Notte Bianca alla Casa Internazionale delle Donne: NON RUBATECI IL FUTURO: STORIA DI UNA SCUOLA


Storia di una scuola. Di una scuola della periferia di Roma. Quartiere Centocelle. Una scuola un po’ particolare, che deve il suo nome a un bambino ucciso a dodici anni, nel 1995, dalla mafia pakistana dei tappeti, Iqbal Masih. E che deve la sua storia alla preside Simonetta Salacone, che a settembre andrà in pensione, dopo venti anni passati a dirigerla.
Una scuola che tra marzo e giugno si è ribellata agli attacchi del governo e del ministro Gelmini contro il tempo pieno: le quaranta ore settimanali alla Iqbal ci sono dal 1971, e da allora vengono usate con fantasia.
«Non rubateci il futuro», il documentario ideato da Pako Graziani e Alessandra Ferraro, di cui firma la regia Margine operativo e che viene distribuito da Carta in occasione del Clandestino day, racconta la primavera dell’Iqbal. Anzi la sua resistenza, perché, come spiega Roberto, papà di una piccola alunna, «si sta distruggendo tutto ciò che la scuola ha e avrebbe il dovere di fare. Dare qualità non solo al tempo e alla vita dei nostri bambini ma alla testa e al pensiero dei nostri figli». Occupazioni del provveditorato, contestazioni del sindaco Gianni Alemanno e dell’assessora alle politiche educative scolastiche [e alla famiglia e alla gioventù] Laura Marsilio, flash mob al Colosseo, lezioni di clandestinità in piazza: quelli dell’Iqbal hanno combattuto tutte le battaglie.
«Ventisette ore, al massimo trenta a settimana. Dove ne vuoi di più, le paghi – spiega nel video Simonetta Salacone – Cioè introduci il privato sociale a scuola, le cooperative…». Colpendo il tempo pieno si colpisce l’impianto educativo messo in piedi alla Iqbal, che prende in considerazione il fatto che a settembre 2010, per esempio, in questa scuola elementare e materna gli alunni saranno 750, e il 12 per cento sarà «straniero», con il 5 per cento di rom. «La lingua non si impara nelle classi ponte – spiega la preside – Si impara dentro la classe, in giardino, lavorando, dalla relazione verbale, dalle comunicazioni significative». Come anche durante il laboratorio di musica o quello di attività presportive, che con il diminuire delle ore sarà molto più difficile, se non impossibile, garantire.
Per spiegarsi meglio, Simonetta Salacone racconta un «episodio carino»: «Nella prima elementare abbiamo due bambine rom. Una è la zia dell’altra, nel senso che Florentina è la sorella della mamma di Elena. La maestra di Florentina le ha detto: ‘Ma com’è che tu parli così bene italiano e tua sorella non capisce una parola?’. Lei l’ha guardata come se la maestra non fosse troppo intelligente, e le ha risposto: ‘me l’avete insegnato voi, l’italiano’. Florentina non sapeva parlare italiano, quando, a Natale 2008, è arrivata qua. In un anno lo parla perfettamente….E allora trovo molto stupido parlare di tetti, di classe ponte».
Lo schermo, nel video, è spesso diviso in due parti: da una parte scorrono le fotografie di Simona Granati e dall’altra le immagini riprese da Margine operativo, con in sottofondo il «rap di Enea» [interpretato durante le proteste da Luca Mascini, cantante di Assalti frontali e papà di una bambina che frequenta l’Iqbal] o le musiche di Riccardo Boldrini.
Momenti di vita a scuola, la protesta di genitori che scoprono o riscoprono le gioie della politica, una cena tipica con genitori e bambini rom che frequentano la scuola.
«Se pensate che l’istruzione sia costosa….provate l’ignoranza», suggerisce il cartello indossato da una manifestante. Una strada che il governo ha imboccato con decisione, ma che genitori e bambini dell’Iqbal Masih, e di molte altre scuole italiane, hanno ostinatamente deciso di non seguire.

30/08/10

Il Coordinamento Donne contro il Razzismo dice NO alla persecuzione dei Rom 

Il 28 agosto è tornato a riunirsi il Coordinamento anti-discriminazione con la mobilitazione di tutti gli antirazzisti accanto ai rappresentanti della comunità Rom e Sinta per la manifestazione del 4 settembre 2010 alle ore 14,30 a Roma, in Piazza Farnese davanti all’Ambasciata francese, per dire no a razzismo e discriminazione; no agli sgomberi senza alternative di alloggio; no alla trasformazione di Rom e Sinti in capri espiatori per fini politici; no alle nuove forme di deportazione; no all'uso improprio o illecito degli ingenti fondi Ue stanziati per l'integrazione di Rom e Sinti. Il Ministro Maroni con un'intervista al Corriere della Sera ha ufficialmente aperto la campagna elettorale della Lega Nord, che verterà ancora una volta su un concetto strumentale di sicurezza, al cui centro non vi sarà la lotta alle mafie e alla corruzione, ma la solita campagna contro Rom e Sinti. Il Corriere della Sera ha intervistato il Ministro senza concedere a Rom e Sinti il legittimo diritto di replica. I media usano l'informazione per fini di propaganda e a senso unico.

Le deportazioni, le intimidazioni, la caccia al Rom in Francia suscita il nostro sdegno, come uomini prima ancora che come cittadini italiani, europei e del mondo. Dopo il Vaticano e la Commissione europea, anche le Nazioni Unite hanno stigmatizzato le politiche contro i Rom in Francia, eppure i piani di pulizia etnica non sembrano fermarsi. I Rom e Sinti hanno pagato un prezzo altissimo durante la Seconda guerra Mondiale, con oltre 500 mila vittime della persecuzione razziale messa in atto dai nazifascisti, senza che questa immane tragedia si sia fissata come un monito nella memoria collettiva. Al contrario, pregiudizi e informazioni distorte continuano a gettare fango sul solo popolo che non ha mai fatto guerra a nessuno. Sarkozy e Maroni si accaniscono contro bambini, donne e vecchi che non possono difendersi.

I Rom e Sinti ricevono spazio solo quali protagonisti negativi della cronaca, mentre l'eroismo di famiglie emarginate che ogni giorno sopravvivono fra mille difficoltà e gli eventi culturali che vedono i Rom offrire un contributo preziosa alla civiltà europea e mondiale sono oscurati. La società civile deve essere informata e deve reagire. Centinaia di persone Rom e non, difensori dei diritti umani, intellettuali, professionisti, studenti hanno già aderito alla manifestazione e le adesioni continuano a raggiungere gli organizzatori. Lo stesso 4 settembre a Parigi, su iniziativa delle organizzazioni per i diritti di Rom e Sinti, si terrà una grande manifestazione di piazza contro le politiche antizigane condotte dal presidente Sarkozy e dal governo francese.

26/05/10

Anche noi sottoscriviamo l'APPELLO CONTRO I CIE

QUESTO APPELLO È RIVOLTO ALLE ANTIRAZZISTE E AGLI ANTIRAZZISTI CHE NON INTENDONO TACERE
http://www.nocie.org

A coloro che intendono schierarsi apertamente, in maniera netta e senza ambiguità, per la chiusura definitiva dei Centri di identificazione ed espulsione, strutture che rappresentano concretamente il simbolo più evidente della negazione dei diritti – primo fra tutti quello della libertà personale – nonché momento estremo del controllo sociale.
Voluti dall’Unione Europea per affermare la propria definizione di fortezza che garantisce i diritti solo ad alcuni e in certi casi, messi in atto in Italia da un governo di centro sinistra, rafforzati e peggiorati dai governi di destra, i Cie sono la dimostrazione della politica espressa dal nostro Paese nei confronti degli “stranieri”, in un percorso che dal rifiuto porta alla rimozione, alla negazione dell’altro. Buchi neri del diritto nazionale e internazionale, spesso nascosti agli occhi dei cittadini nelle periferie delle città, inaccessibili e non monitorabili, i Cie sono nei fatti un’istituzione illegale, risultato di abusi giuridici e di leggi razziali come quella che introducendo il “reato di clandestinità”, nega il principio di eguaglianza.
Chi ci è entrato ha avuto modo di toccare con mano rabbia, dolore e violenza. L’estensione a sei mesi del tempo massimo di detenzione ha acuito ancora di più la disperazione, che spesso si traduce in tentativi di suicidio, in vite che si frantumano nel silenzio e nell’indifferenza. Chi ha ascoltato la voce di quelle e quelli che in maniera ipocrita vengono chiamati “ospiti”, riuscendo a sfondare il muro impenetrabile di invisibilità che nasconde i destini di persone costrette in gabbia, può affermare con nettezza che i Cie, un tempo Cpt, sono irriformabili.
Perché è inaccettabile restare rinchiusi per il solo fatto di aver varcato una frontiera per necessità, per il solo fatto di esistere e aspirare a un futuro migliore. L’esistenza dei Cie si colloca nel disegno di chi vuole uomini e donne migranti in perenne condizione di ricattabilità, impossibilitati ad accedere a percorsi di regolarizzazione, scorie finali di chi è espulso dal circuito produttivo dopo essere stato sfruttato e costretto alla clandestinizzazione.
Gabbie e cemento, nascondono destini spezzati, tentativi di rivolta, furore legittimo e repressione sistematica. Gli enti gestori, che da queste strutture guadagnano milioni di euro macchiati di sangue, provvedono a far trovare ambienti puliti alle delegazioni che riescono a entrare. Ma basta guardare negli occhi gli uomini e le donne che stanno dietro quelle sbarre, per ritrovarsi in faccia una realtà celata e rimossa.
Quella che chiediamo non è soltanto una firma di circostanza, ma un impegno duraturo.
Chiediamo che chi opera nei mezzi di informazione, nelle associazioni umanitarie, nelle istituzioni, nel mondo della cultura e dello spettacolo, si assuma, sottoscrivendo, una responsabilità precisa. Quella di forzare l’omertà che consente tale vergogna e di raccontare. Raccontare con onestà, non fermandosi all’apparenza ma per comunicare
quanto sia importante chiudere tutti i Cie. Scegliendo oggi di disobbedire al consenso di cui gode il razzismo istituzionale. Un giorno, speriamo non lontano, luoghi infami come i Cie diventeranno simboli di una vergogna passata, da visitare per non dimenticare, per non ripetere.

PER ADERIRE: http://www.nocie.org


PRIME ADESIONI

Adriano Bono, musicista, Roma
Alessandra Magrini, attrice e autrice di Madama Cie
Alessia Montuori, Associazione SenzaConfine, Roma
Alex Zanotelli
Alessandra Sciurba, Università di Palermo e Meltingpot Europa
Andre Segre, regista di Come un uomo sulla terra
Annamaria Rivera, antropologa, Università di Bari
Anpi, Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
Ascanio Celestini, attore, Roma
Carlo Marrapodi, attore cinematografico e teatrale, ex operaio
ThyssenKrupp
Caterina Romeo, Sapienza Università di Roma
Christiana de Caldas Brito, scrittrice, Roma
Clotilde Barbarulli, Giardino dei Ciliegi, Firenze
Compagnia teatrale indipendente Attrice Contro, Roma
Cristiano Castelfranchi, Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione
del CNR, Roma
Elio Germano, attore, Roma
Emilio Quadrelli, Università di Genova
Emilio Quinto, giornalista, Milano
Fabio Geda, scrittore
Federico Raponi, giornalista, Roma
Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo
Gabriele del Grande, giornalista e fondatore di Fortress Europe
Gianluigi Lopes, Medici Senza Frontiere, Roma
Igiaba Scego, scrittrice e giornalista, Roma
Julio Monteiro Martins, scrittore, Università di Pisa e Scuola Sagarana,
Lucca
Laura Guazzone, Sapienza Università di Roma
Le donne che si sono incontrate al presidio del 25 novembre in piazza
Cadorna, Milano
Lea Melandri, saggista e giornalista, Milano
Luca Queirolo Palmas, ricercatore, Università di Genova
Marco Santopadre, Radiocittaperta, Roma
Maria Cristina Mauceri, Università di Sydney, Australia
Maria Grazia Campari
Maria Immacolata Macioti, Sapienza Università di Roma
Militant A, Assalti Frontali, Roma
Missionari Comboniani di Castel Volturno, Caserta
Monica Pepe, giornalista, Roma
Natacha Deaunizau, attrice, Francia
Nicoletta Poidimani, ricercatrice indipendente, Bologna
Nora Morales De Cortiñas, Madres de Plaza de Mayo, línea fundadora, Buenos
Aires, Argentina
Paolo Agnoletto, avvocato, Milano
Paolo Molinari, giornalista, Roma
Riccardo Petrella, economista politico, Università di Lovanio
Stefano Liberti, giornalista, il Manifesto, Roma
Stefano Mencherini, giornalista indipendente
Valerio Bindi, fumettista e disegnatore, Italia
Vittorio Agnoletto
ZeroViolenzaDonne.org

18/04/10

Appello donne della Fiom-Cgil

Il Coordinamento Donne contro il Razzismo aderisce all'appello delle donne della Fiom.


Ogni luce di democrazia che si accende ci riguarda


Si sta svolgendo in queste settimane la campagna della Fiom-Cgil – a cui le donne della Fiom contribuiscono con una propria riflessione - per raccogliere le firme a sostegno di una proposta di legge d’iniziativa popolare sulla democrazia nei posti di lavoro per affermare il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori di decidere su contratti e accordi che riguardano le loro condizioni di lavoro e di vita, e garantire una reale rappresentatività e rappresentanza delle organizzazioni sindacali che firmano e aderiscono alle intese evitando che accordi nazionali e nei diversi ambiti possano prescindere dalla partecipazione e dal voto delle lavoratrici e dei lavoratori.

Questa iniziativa ci interessa perché ogni luce di democrazia che si accende ci riguarda soprattutto in una fase nella quale si assiste al restringimento di forme e luoghi che hanno consentito e consentono un esercizio esteso e attivo dei diritti in molti campi, che per noi è condizione essenziale anche per esprimere una soggettività femminile.

Il rapporto tra diritti e crisi della democrazia riapre in modo acuto e per certi versi nuovo anche il tema della rappresentanza: nel mondo del lavoro dove sono in atto da tempo tentativi di indebolire e frammentare sistemi di tutele e dove soprattutto sono cresciute, al nord come al sud, situazioni di precarietà e sfruttamento che toccano centinaia di migliaia di donne, giovani, immigrati e immigrate che non dispongono di adeguate forme di rappresentanza per la tutela dei loro diritti; ma anche in molti altri ambiti come quello della salute, dell’istruzione, dei diritti sociali.

Riportare democrazia, partecipazione, adeguata rappresentanza nei luoghi di lavoro significa poter decidere sulle questioni che interessano lavoratrici e lavoratori: sull’aumento dell’età pensionabile che, dopo le dipendenti pubbliche, potrebbe essere imposto a tutte; sulla nuova legge sul lavoro, in discussione in Parlamento, che prevede assunzioni con contratti individuali, che potranno contenere clausole peggiorative rispetto ai contratti nazionali e rendere più facili i licenziamenti, il cui contenzioso sarebbe affidato non più ai giudici, ma ad arbitri privati. Tutto ciò per le donne può significare la possibilità di licenziamento in caso di gravidanza o quando si vogliono utilizzare permessi e congedi per assistenza ai figli, agli anziani e alle persone disabili.

Ma parlare di democrazia nel lavoro, come recita la nostra Costituzione, significa anche adeguare e allargare ambiti e modalità delle forme di tutela e rappresentanza rispetto alle tante situazioni di lavoro, anche precario , in primo luogo assumendo fino in fondo la nuova presenza delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati come dato stabile e positivo per tutto il paese.
Significa anche impegnarsi nuovamente nei luoghi di lavoro e sui territori, native e immigrate insieme, per riaffermare il diritto a servizi sociali che favoriscono la conciliazione, a una scuola di tutte e tutti.

La possibilità di esprimersi, elaborare proposte, confrontarsi, decidere interessa in particolare le donne, oggi ancora discriminate su molti aspetti, ancora una volta penalizzate dalla crisi e da un ritorno strumentale di orientamenti familistici. Interessa quindi tutte noi: più democrazia per poter lottare contro la disoccupazione, la precarietà del e nel lavoro, contro le norme razziste della recente legislazione ( legge 94 del 15 luglio 2009) denominata “pacchetto sicurezza”. Sicurezza per chi? Queste norme che rendono insicura e precaria la vita di tante donne e uomini migranti - sempre sotto ricatto di essere espulsi, di perdere o non acquisire il permesso di soggiorno, come anche le recenti misure per la regolarizzazione di colf e “badanti” dimostrano - rendono forse più sicura la vita di tutti gli altri? La sicurezza delle persone non va piuttosto garantita nelle condizioni di lavoro, nella tutela dell’ambiente, nell’accesso ai servizi e beni comuni, nel contrasto alle violenze e alla criminalità organizzata?

Le politiche discriminatorie e razziste colpiscono tutte e tutti, perché cercano di dividere e rompere i rapporti di solidarietà tra le persone, alimentando la paura e i pregiudizi: contro “lo straniero e il diverso”, “contro chi ci porta via il lavoro, perché accetta condizioni peggiori”, “contro chi viene prima di noi nell’assegnazione delle case, nell’accesso ai servizi” ecc. Il risultato è una drammatica disgregazione degli interessi comuni, una guerra tra poveri, una democrazia dimezzata, una società chiusa e escludente, in cui tutte, native e migranti, stentiamo a riconoscerci. Sempre di più ci sentiamo straniere nell’Italia di oggi.

La cittadinanza non è solo una questione di leggi e disposizioni per poterla acquisire – in Italia, come sappiamo, le difficoltà sono enormi, a partire dal permesso di soggiorno - ma è soprattutto un percorso soggettivo, una pratica di convivenza rispettosa dei diversi progetti personali. Democrazia è riconoscere la pluralità di questi percorsi. In questi anni abbiamo lavorato in tante, per abbattere muri e frontiere, per aprire il nostro paese al mondo e alla ricchezza delle tante diversità.

Il riconoscimento dei diritti politici e sociali dei/delle migranti, compresi quelli di cittadinanza, può contribuire a promuovere una cultura di convivenza civile e ad individuare strumenti per combattere ogni forma di razzismo e discriminazione.

Le donne migranti sono state protagoniste e promotrici delle iniziative di mobilitazione, hanno tessuto relazioni importanti per la riuscita della giornata “24 ore senza di noi” e della “primavera antirazzista” del mese di marzo.

Questi temi e queste esigenze chiamano ad una particolare responsabilità le donne a partire dai diversi ambiti e luoghi di lavoro perché si determinino, anche a partire dalla iniziativa promossa dalle donne della FIOM, a costruire un percorso di mobilitazione e di proposte comuni.
Per questo aderiamo alla proposta di legge di iniziativa popolare e riteniamo importante che sempre più donne la sottoscrivano.

26/02/10

Nostra iniziativa: Primavera Antirazzista

Casa Internazionale delle Donne e
Coordinamento donne contro il razzismo

Domenica 7 marzo 2010
Piazza Campo de’ Fiori - dalle ore 11 al tramonto

Primavera antirazzista
VOCI DI DONNE MIGRANTI E CITTADINE
Mostre e libri, stand informativi, spettacoli di cinema, teatro, musica
Saranno presenti le produttrici agricole del Progetto Rea Silvia della Regione Lazio

Programma:
Presentazione dell’iniziativa da parte del Coordinamento
Intervento dell’associazione Insieme Zajedno
Intervento di lavoratrici e lavoratori di Rosarno, Ass. Da sud
Campagna per il Nobel alle donne africane
Balli popolari in piazza, a cura dell’ Ass. Cemea
Pranzo preparato dalle donne della scuola Carlo Pisacane e dell’ Ass. Asinitas
Campagna Nastri Verdi di sostegno alle lotte delle donne iraniane
Intervento dell’ Ass. Be Free sul CIE di Ponte Galeria
"RetroviaNapoli"
Canzoni ispirate da donne, Stefania Tarantino (voce), Letizia Pelosi (chitarra)
I bambini di Capoverde: campagna per la ricostruzione della scuola
Intervento Ass. Asinitas, proiezione di video
Letture teatrali da Quelle voci dal vuoto (ed. Jacobelli)
Proiezione del video "The Chain of Love" (Mamme a catena)
Voci di donne dalla Bolivia - Donne per la solidarietá Onlus
Interventi musicali

Aderiscono le associazioni del Coordinamento Donne contro il Razzismo: Assolei, Candelaria, Donne a colori, Donne capoverdiane in Italia, Donne per la pace, Dhuumcatu, Imed, Insieme Zajedno, Le Nove, Madri per Roma Città Aperta, Monteverde antirazzista, No.Di: I nostri diritti, Spirit Romanesc, Quinoa, Trama di terre. Ed inoltre: Arci, Asinitas, Be free, CGIL di Roma e del Lazio, Coordinamento Donne della CGIL di Roma e del Lazio, Da Sud, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Lunaria, Filipino Women’s Council, Mosaico di pace, Donne africane in Italia (SODEFAID), Wilpf-Italia.

Saranno distribuiti materiali di documentazione dei Dossier Immigrazione, Caritas/Migrantes

Con il patrocinio della Presidenza della Provincia di Roma


* * * * * * * * * * * * * * * * * * *

Nessun essere umano è illegale
Dichiariamo la nostra intolleranza al razzismo,la nostra volontà di abbattere muri e frontiere per affermare una cittadinanza globale.
Le politiche razziste sono sempre più pratiche per governare la crisi economica.
In assenza di politiche anticrisi l'unica risposta è la riduzione di libertà e diritti. Come fermare altrimenti le resistenze se non ingabbiando la società, producendo separazione e odio razziale? Misure che colpiscono in particolare i/le migranti ma riguardano tutti e puntano a dividere e a rompere i rapporti di solidarietà tra le persone, alimentando la paura e rendendo tutti più ricattabili. Le politiche razziste contro l’immigrazione alimentano e si combinano con nuove forme di razzismo popolare , fondate su stereotipi e pregiudizi contro “lo straniero e il diverso”.
Il risultato è una democrazia dimezzata, perché ogni forma di discriminazione è il contrario della democrazia; vogliono imporci una cittadinanza e quindi anche una società chiusa e esclusiva, in cui tutte, native e migranti, stentiamo a riconoscerci. In molte lingue – anche l’italiano - i cncetti di "straniero", "strano" ed "estraneo" hanno la stessa radice linguistica. Oggi come ieri "lo straniero - l'estraneo" è chi non rientra in quei parametri di "normalità" che qualcuno ieri come oggi ha stabilito.
Noi ci sentiamo straniere in questo Paese dove siamo nate, perché ci sentiamo estranee a tutto ciò che oggi questo Paese vuol rappresentare. Dichiariamo ancora che finché ci sarà il sessismo ci sarà anche il razzismo: anzi, è proprio il sessismo che ha aperto la strada al razzismo, rendendolo ovvio, naturale: ambedue sono ideologie discriminatorie costruite sul corpo che esprimono il sistema di potere che governa le relazioni tra maschi e femmine, tra bianchi e neri. L’intreccio tra sessismo e razzismo dimostra come si rafforzino a vicenda utilizzando l’uno gli strumenti dell’altro.
Le donne sono state usate per dichiarare guerra ai migranti e i migranti, a loro volta, sono stati usati per chiarire che le donne italiane appartengono agli uomini italiani. I maschi italiani ne sono usciti senza macchia, sdoganati - al solito - come “brava gente”: il mostro è fuori di noi, il mostro è l’altro.
In questi anni abbiamo lavorato in tante, per aprire il nostro paese al mondo e alle tante diversità. Il nostro stare insieme, ciascuna con la propria soggettività, rielaborando insieme il nostro essere nate in Italia o altrove, le nostre esperienze migratorie o le nostre differenze, è già un condividere, un’alternativa allo svilupparsi di un nuovo razzismo.
E’ ora di alzare le voci di tutte contro le politiche e le retoriche razziste, contro la precarizzazione delle vite.

Coordinamento donne contro il razzismo

28/01/10

Segnalazioni: Comunicato Madri x Roma Città Aperta

Ricordando le donne uccise per il pane dai fascisti e dai nazisti e le donne rinchiuse nei CIE.

27 Gennaio Giornata della Memoria

Per costruire un futuro di diritti rispettati

Attraversiamo quotidianamente la nostra città e ci rendiamo conto di quanto questa sia ricca di segni e simboli, più o meno nascosti, che parlano della sua storia e delle sue trasformazioni.

Il cambiamento, del resto, è elemento centrale di una società viva.

La costruzione di un percorso storico, la continua revisione degli elementi e la loro discussione in ambiti collettivi sono uno degli antidoti alle possibili manipolazioni; la memoria diviene elemento costitutivo del ragionare il presente e immaginare il futuro in una continua dialettica.

Il 27 gennaio è il giorno della memoria della Shoah e può essere giorno di riflessione.

A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere che "ogni straniero è nemico". Per lo più questa convinzione è solo latente e non è sistema di pensiero. Ma quando il pensiero inespresso diventa premessa di un sillogismo, allora, al termine della catena, c´è il Lager. Questo è successo in Italia nel 1938 con le leggi razziali, questo è successo con i campi di sterminio nazisti ma questo può succedere se il sillogismo viene riproposto oggi. "Tutti gli stranieri sono nemici. I nemici vanno soppressi. Tutti gli stranieri vanno soppressi."

Noi Madri per Roma Città Aperta riteniamo che proprio nel ricordare la storia dei campi di sterminio avvertiamo un sinistro segnale di pericolo.

Risentiamo oggi quel sinistro segnale in ciò che ha provocato atti di violenza contro rom, sinti e cittadini italiani di origine straniera.

Lo risentiamo nel clima d´intolleranza verso gruppi etnici o sociali non dominanti e vulnerabili e nella criminalizzazione dell´immigrazione irregolare.

Lo risentiamo nei dispositivi che incidono lo stigma sociale anche sui corpi degli "altri": schedature e impronte digitali "etniche" in fondo sono l´equivalente funzionale della stella gialla.

Lo risentiamo nella creazione dei Centri di Identificazione e di Espulsione, dove la marchiatura simbolica vale a differenziare e separare i corpi proliferanti e minacciosi da quelli "normali".

Con Primo Levi ricordiamo quanto è già successo:

considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no


Vogliamo ricordare oggi, giorno della memoria, gli uomini discriminati, rinchiusi e sterminati ieri e gli uomini discriminati, offesi e privati di ogni diritto oggi.

27 Gennaio 2010 sul Ponte dell’Industria via di Porto Fluviale, ore 15 (zona ostiense)



Comitato Madri per Roma Città Aperta

madrixromacittaperta@libero.it
madrixromacittaperta.noblogs.org