18/01/10

Segnalazione: Dopo Rosarno, Annamaria Rivera

Editoriale su "Liberazione" del 15 gennaio 2009


Quel che fa impressione, di questo paese alla deriva in ogni senso, non è solo il razzismo ormai senza freni, né soltanto il compimento di un processo che chi scrive aveva puntualmente previsto: cioè la saldatura fra razzismo istituzionale e razzismo popolare (o "di massa", se preferite). Ciò che colpisce di più è l'impotenza della sinistra comunque aggettivata: impotenza al tempo stesso teorica e politica, coniugata con una tale perdita della memoria da far pensare a una sindrome patologica. Di fronte alla caccia all'uomo e alla deportazione delle vittime della violenza mafioso-padronal-popolare di Rosarno, il meglio che si è letto, sul versante delle voci non marginali, è l'indignazione stupefatta di chi sgrana gli occhi di fronte al fatto che "per la prima volta un'intera piana del sud è stata sgomberata da tutti gli uomini con la pelle nera che la popolavano" (Gad Lerner). Ciò che fa specie è quel "per la prima volta". Abbiamo già dimenticato la strage di camorra che il 18 settembre 2008 uccise a Castelvolturno sei lavoratori africani e un italiano, nonché le dichiarazioni ignobili di Maroni (anche allora) e la caccia ai migranti "irregolari" che ne conseguirono? Già ci siamo lasciati alle spalle il pogrom di Ponticelli, ispirato dalla camorra e da interessi economico-istituzionali (anche centrosinistri), con la cacciata dell'intera popolazione rom della zona a pietrate e insulti popolari? Eppure Ponticelli metteva in scena il più classico esempio di pogrom: la propalazione, ad opera della camorra, di una "voce", modellata sulla leggenda della zingara rapitrice d'infanti; l'accusa e la condanna di una giovane romnì innocente; il furore e la violenza popolari; l'espulsione dal territorio di tutti gli zingari. E Ponticelli a sua volta ripeteva il copione di Scampia: in quest'altro quartiere della periferia napoletana, nel lontano 2000, per due giorni bruciarono le favelas dei rom, dove si erano rifugiati profughi non riconosciuti, fuggiti dalla guerra civile in Jugoslavia. O forse inconsciamente si crede che i rom siano meno umani perfino dei "negri"?

Se poi volessimo allungare lo sguardo all'indietro, di episodi simili ne troveremmo a decine all'epoca in cui dilagava la sindrome sicuritaria centrosinistra, fomentata e/o cavalcata ad arte da governanti e amministratori democratici. Questo per dire che, per chi avesse voluto coglierli, i segnali del precipitare di questo infelice paese verso il baratro del razzismo c'erano tutti già da lungo tempo. Per ribadire che, quando hanno governato, le "forze democratiche" hanno colpevolmente favorito la saldatura della quale abbiamo detto ed evitato come la peste di varare misure per rendere meno vulnerabili i senzadiritti, il che ha spianato la strada ai post-nazisti che oggi ci governano.

Inoltre, che i braccianti di Rosarno siano "uomini con la pelle nera" è assai poco rilevante. Se fossero stati bianchi, olivastri o gialli, il trattamento loro riservato, in quel contesto ambientale e storico definito, sarebbe stato lo stesso. La "razzizzazione", come sa chi ha studiato i dispositivi del razzismo e conosce la storia dell'antisemitismo, ignora i confini fenotipici. Vedrete: quando a Rosarno, a Castevolturno o in Capitanata, risulterà più utile impiegare come forza-lavoro servile braccianti in nero di nazionalità marocchina, rumena o bulgara, al momento opportuno sarà contro di loro che verranno scatenate le accuse e la "caccia al nero". Come del resto è già successo. A Cassibile, per esempio, quando nei primi di giugno del 2006 un rogo distrusse la baraccopoli dove erano costretti ad alloggiare i braccianti maghrebini (non neri, fino a prova contraria), impiegati nella raccolta delle patate. Già quel caso mostrò che violenze, "rabbia popolare" e operazioni di polizia per individuare, espellere o arrestare i "clandestini" sopraggiungono, puntuali come la morte, nella fase finale della raccolta, quando diminuisce la domanda di manodopera.

Non è dunque il colore della pelle a scatenare i pogrom bensì lo status di meteci, di senzadiritti o con diritti limitati, ai quali, oltre tutto, sono imposte condizioni disumane di lavoro e di esistenza. L'"errore" di questi lavoratori è stato il mostrare che, malgrado ogni cosa congiuri a de-umanizzarli, essi restano umani. Ribellandosi, oggi come l'anno scorso, le "bestie" hanno esibito tutta intera la loro umanità. E' questo ad essere intollerabile. Non solo per la 'ndrangheta, per il ministro dell'interno, per gli agrari locali, piccoli o grandi, ma anche per i "comuni cittadini" che socializzano e scaricano il proprio rancore contro capri espiatori moralmente e materialmente de-umanizzati.

Le "bestie" sono capaci di farsi soggetti, perfino di ribellarsi. L'impotenza e l'insipienza della sinistra politica e sindacale risaltano ancor di più di fronte alla capacità di ribellione spontanea (quindi talvolta controproducente) dei troppo umani: perché in tutti questi anni quasi nessuno ha saputo o voluto organizzarla e indirizzarla?

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