28/09/10

Notte Bianca alla Casa Internazionale delle Donne: NON RUBATECI IL FUTURO: STORIA DI UNA SCUOLA


Storia di una scuola. Di una scuola della periferia di Roma. Quartiere Centocelle. Una scuola un po’ particolare, che deve il suo nome a un bambino ucciso a dodici anni, nel 1995, dalla mafia pakistana dei tappeti, Iqbal Masih. E che deve la sua storia alla preside Simonetta Salacone, che a settembre andrà in pensione, dopo venti anni passati a dirigerla.
Una scuola che tra marzo e giugno si è ribellata agli attacchi del governo e del ministro Gelmini contro il tempo pieno: le quaranta ore settimanali alla Iqbal ci sono dal 1971, e da allora vengono usate con fantasia.
«Non rubateci il futuro», il documentario ideato da Pako Graziani e Alessandra Ferraro, di cui firma la regia Margine operativo e che viene distribuito da Carta in occasione del Clandestino day, racconta la primavera dell’Iqbal. Anzi la sua resistenza, perché, come spiega Roberto, papà di una piccola alunna, «si sta distruggendo tutto ciò che la scuola ha e avrebbe il dovere di fare. Dare qualità non solo al tempo e alla vita dei nostri bambini ma alla testa e al pensiero dei nostri figli». Occupazioni del provveditorato, contestazioni del sindaco Gianni Alemanno e dell’assessora alle politiche educative scolastiche [e alla famiglia e alla gioventù] Laura Marsilio, flash mob al Colosseo, lezioni di clandestinità in piazza: quelli dell’Iqbal hanno combattuto tutte le battaglie.
«Ventisette ore, al massimo trenta a settimana. Dove ne vuoi di più, le paghi – spiega nel video Simonetta Salacone – Cioè introduci il privato sociale a scuola, le cooperative…». Colpendo il tempo pieno si colpisce l’impianto educativo messo in piedi alla Iqbal, che prende in considerazione il fatto che a settembre 2010, per esempio, in questa scuola elementare e materna gli alunni saranno 750, e il 12 per cento sarà «straniero», con il 5 per cento di rom. «La lingua non si impara nelle classi ponte – spiega la preside – Si impara dentro la classe, in giardino, lavorando, dalla relazione verbale, dalle comunicazioni significative». Come anche durante il laboratorio di musica o quello di attività presportive, che con il diminuire delle ore sarà molto più difficile, se non impossibile, garantire.
Per spiegarsi meglio, Simonetta Salacone racconta un «episodio carino»: «Nella prima elementare abbiamo due bambine rom. Una è la zia dell’altra, nel senso che Florentina è la sorella della mamma di Elena. La maestra di Florentina le ha detto: ‘Ma com’è che tu parli così bene italiano e tua sorella non capisce una parola?’. Lei l’ha guardata come se la maestra non fosse troppo intelligente, e le ha risposto: ‘me l’avete insegnato voi, l’italiano’. Florentina non sapeva parlare italiano, quando, a Natale 2008, è arrivata qua. In un anno lo parla perfettamente….E allora trovo molto stupido parlare di tetti, di classe ponte».
Lo schermo, nel video, è spesso diviso in due parti: da una parte scorrono le fotografie di Simona Granati e dall’altra le immagini riprese da Margine operativo, con in sottofondo il «rap di Enea» [interpretato durante le proteste da Luca Mascini, cantante di Assalti frontali e papà di una bambina che frequenta l’Iqbal] o le musiche di Riccardo Boldrini.
Momenti di vita a scuola, la protesta di genitori che scoprono o riscoprono le gioie della politica, una cena tipica con genitori e bambini rom che frequentano la scuola.
«Se pensate che l’istruzione sia costosa….provate l’ignoranza», suggerisce il cartello indossato da una manifestante. Una strada che il governo ha imboccato con decisione, ma che genitori e bambini dell’Iqbal Masih, e di molte altre scuole italiane, hanno ostinatamente deciso di non seguire.

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